è che mi piace leggere le parole di chi cambia e si vede cambiare e lo dice a sé e agli altri.
E poi, dopo una citazione, uno scambio di messaggi e la lettura di qualche altro intervento, alla simpatia ispiratami fin dall'inizio si aggiunge l'apprezzamento per uno spessore umano genuino ma non ingenuo e per la capacità di attrarre senza ricorrere a effetti speciali, con un'immediatezza espressiva che non appiattisce il dire.
Questo mi ha scritto uno dei due colpevoli di quanto sul web o nell'etere risponde al nome di Pallone d'Achille, che ringrazio per aver voluto ospitare un mio intervento (leggetelo, commentatelo, curiosate un po').
Una donna così è una cometa che solca il cielo, e centomila anni dopo la sua immagine brilla ancora nella misera cecità degli uomini. (Manuel Scorza, La danza immobile)
"Sento che voglio scrivere una poesia", ha detto questo bimbo di 8 anni e mezzo:
La PRIMAVERA. COS'È?
La PRIMAVERA È COME
UN FIORE CHE SI|APRE LA
MATTINA E SI CHIUDE
LA SERA COME LA PRI=
MAVERA CHE INIZIA
E FINISCE|COME PER
MAGIA MA IN REALTA
NON È UNA MAGIA
MA È LA NATURA.
(Marco Altamura) 26/09/02
D'accordo, forse nel nostro emisfero è un po' fuori stagione, ma mi ha intenerito...
Una frase decontestualizzata è come un bacio tra sconosciuti: anche quando non si configura come profondo scambio d'amore, può essere molto piacevole.
Ecco perché sono contento di essere stato citato (da Sonechka) in The Blob of the Blogs, la frammentazione dei frammenti ideata e messa in opera da Strelnik.
usability = fruibilità
mouse = puntatore
flop = fiasco
link = collegamento
post = intervento
web = rete
top = capopagina
* per la serie: la parola ce l'avremmo, ma ne usiamo una straniera.
Oltre a divertirmi, questa piccola rubrica ha il merito di stimolare interessanti commenti, espressi in pubblico o in privato. Spero che la partecipazione non si esaurisca, ma anzi contribuisca ad ampliare gli orizzonti del discorso, sapendo che questa prospettiva di approccio al problema dell'appiattimento linguistico inconsapevole è solo una delle molte possibili.
Presto inagurerò un'altra iniziativa (si chiamerà "Coniati da vomito"), per la quale chiederò esplicitamente l'aiuto fattivo di chi onora queste pagine della sua attenzione.
A San Francisco migliaia di persone si sono ritrovate sui pedali delle loro bici per festeggiare il decimo compleanno di Critical Mass:
Massa critica è un nuovo modo di vivere nelle nostre città inquinate. Per costruire una nuova rivoluzione nel sistema dei trasporti non hai null'altro da fare che prendere la bici e unirti a noi. Un sito per tutti quelli che credono che un'auto di meno in circolazione sia uno scopo comune.
Di questo modo di essere, oltre all'importante valenza ecologica, incidono sulla qualità della vita collettiva anche altri aspetti, non ultimo quello individuato da un personaggio che giunse da molto lontano e guardò al nostro modo di vivere con sbigottita curiosità: il capo delle isole Samoa Tuiavii di Tiavea. Ragionando sulla fretta dell'uomo bianco, osservava che "attraversando un villaggio a cavallo anziché a piedi, perderemmo la possibilità di incontrare le persone e fermarci a parlare con loro" (cito a memoria, ma con il solito semplice clic è possibile leggere o scaricare l'intero testo di Papalagi).
Quando la globalizzazione spersonalizza, anche i luoghi perdono individualità.
Lo spiega in modo abbastanza immediato un brano tratto da Le città invisibili di Italo Calvino, pubblicato per la prima volta nel 1972 e citato qualche anno fa da Marc Augé, l'autore di Nonluoghi:
Se toccando terra a Trude non avessi letto il nome della città scritto a grandi lettere, avrei creduto d'essere arrivato allo stesso aeroporto da cui ero partito. I sobborghi che mi fecero attraversare non erano diversi da quegli altri, con le stesse case gialline e verdoline. Seguendo le stesse frecce si girava le stesse aiole delle stesse piazze. Le vie del centro mettevano in mostra mercanzie imballaggi insegne che non cambiavano in nulla. Era la prima volta che venivo a Trude, ma conoscevo già l'albergo in cui mi capitò di scendere; avevo già sentito e detto i miei dialoghi con compratori e venditori di ferraglia; altre giornate uguali a quella erano finite guardando attraverso gli stessi bicchieri gli stessi ombelichi che ondeggiavano. Perché venire a Trude? mi chiedevo. E già volevo ripartire. - Puoi riprendere il volo quando vuoi, - mi dissero, - ma arriverai a un'altra Trude, uguale punto per punto, il mondo è ricoperto da un'unica Trude che non comincia e non finisce, cambia solo il nome all'aeroporto.
Meglio una cocacola al clubmed di Agadir o una tazza di tè in casa di sconosciuti a Tiznit?
Svariate passioni animano la mia vita.
Il brano seguente, tratto da un lungo intervento di TulipanoGiallo con tanto di galleria artistica, ne individua almeno un paio:
solo quando finalmente baciamo capiamo cosa è l’amore, e soprattutto sappiamo se il nostro è amore. E’ come se il bacio mantenesse una promessa: se nello sguardo degli amanti c’è la promessa dell’amore solo nel bacio c’è la certezza: quando gli sguardi si incontrano si stabiliscono i prodromi di un rituale, un approccio, un incantesimo, ma è il bacio a stabilire la vera alchimia, a lanciare l’incantesimo di 2 bocche prese l’una dall’altra, e poiché è con la bocca che noi diciamo tutte le nostre parole, il silenzio a cui gli amanti sono costretti dal bacio è la loro sottile certezza di un’assoluta verità.
non è un po' bigotto non accettare parole solo perché non originarie della tua lingua? siamo parte di una lingua figlia di latino greco, abbiamo influenze da tutto il mondo, su questo si forma la nostra cultura. che senso ha essere razzisti, oggi, su qualche termine? che senso ha non accettare che una lingua si possa evolvere con gli uomini?
Ciò che rifuggo è l'appiattimento che spesso accompagna il sorbire supinamente l'espressione piovuta dall'alto dimenticando o trascurando il nostro patrimonio. Riprendendo l'esempio fornito tempo fa da una stimata collega, nessuno oggi si sognerebbe di contestare l'uso del termine "bidet" (né l'uso del sanitario, per quanto ci riguarda), però che senso ha preferire "trend" a "tendenza" o "andamento"? Lavorando ho imparato perché si opta per "mules" in luogo di "pantofole" o "zoccoli": detto in italiano, l'articolo non cambia, ma il prezzo non potrebbe essere quello di una "prestigiosa collezione"... (Prada docet). Analogamente, tanto per dirne una a caso, si fa prevalere "roller blades" su "pattini in linea".
La mia posizione è quella di accogliere il termine straniero se il traducente italiano è fuorviante (c'è una storiella ebraica sull'intraducibilità di Shofar, per esempio) e se non si riesce a inventare con materiale linguistico già acquisito una soluzione abbastanza pregnante (come hanno fatto i Francesi coniando "courriel" per "e-mail" (da courrier électronique = posta elettronica). In ogni caso, credo sarebbe buona norma e ottimo esercizio provare prima di tutto a esplicitare il concetto servendosi di termini già presenti nel vocabolario (per la serie: solo se siamo in grado di spiegare una cosa a un bambino possiamo dire di saperla).
Cos'è la concretezza?
A ben guardare, sono le cose più impalpabili quelle che ci conquistano imponendosi come realtà più autentica: così è per la musica, anzi per l'arte in generale, con le sensazioni che in noi evoca o provoca.
Parlando di impalpabilità, l'elettronica e ancor meglio la telematica meritano un posto d'onore. Specialmente laddove ci si trovi di fronte a realizzazioni nelle quali navigare fino a perdercisi, almeno per me che resto a bocca aperta davanti a eventi come quello inaugurato dal museo d'arte moderna di Istanbul: la mostra si chiama Reload, quella esibita è Net-Art*.
* ...non siamo nella rubrica "Le traduzioni inutili", ma questa sarebbe da podio, se si riuscisse a trovare una sintetica soluzione alternativa nella nostra lingua.
L'altra sera sono uscito in tram all'ora del crepuscolo (che a Milano in questo periodo coincide con la cosiddetta 'happy hour'). Ho raggiunto lo spazio davanti al Piccolo Teatro (dov'è in corso la rassegna Milano Film Festival) per rispondere all'invito del mio bassista, che si sarebbe esibito con un altro suo gruppo.
Così ho avuto la fortuna di godermi il concerto dei Teka P.
Musicisti che usano la bravura tecnica al servizio del complesso, eseguendo su binari blues e jazz canzoni in dialetto che riportano al sapore della canzone popolare e dei brani d'autore della tradizione milanese. L'esecuzione dal vivo è al contempo impeccabile e sanguigna. Sanno tenere il palco, e i due cantanti inscenano vere e proprie interpretazioni attoriali a sottolineare la forza drammatica degli ironici testi.
Nel CD demo che mi sono portato a casa (chiedeteglielo voi, perché fuori dal palco sono un po' timidi) ci sono i pezzi originali Caragna no, Guardie e ladri, Sgiàff oltre alle cover L'erba matta (Svampa/Brassens) e La bùsa noeuva (Walter Valdi).
La formazione comprende Andrea Rodini (voce e composizione), Ivo Maghini (voce e composizione), Andrea Parazzoli (piano/tastiere), Tommy Ferrarese (chitarra), Luigi Lavermicocca (basso/contrabbasso), Sergio Bianchi (batteria).
Circa un anno e mezzo fa avevo firmato una petizione indirizzata al Comune di Milano e mi ero stupito nel ricevere risposta in data 5 luglio 2001 dall'Assessore alla Cultura Salvatore Carrubba, il quale nella sua missiva rassicurante informava che "l'Amministrazione Comunale si è attivata da tempo per cercare una sede alternativa al Teatro di via degli Olivetani per la Compagnia". E continuava: "L'Amministrazione Comunale ha inoltre preso contatti con la Curia milanese per sensibilizzare sull'importanza culturale e storica del lavoro proposto dalla Compagnia marionettistica, affinché venga rivisto il contratto fra la Parrocchia e la Compagnia".
Sta di fatto che tra poco più di un mese, il 31 ottobre, è prevista l'esecuzione forzata dello sfratto della Compagnia di Gianni e Cosetta Colla dalla sede che occupa dal 1976. Gli spettacoli, che prevedono la presenza contemporanea di attori e marionette, rappresentano dei classici dell'immaginario favolistico in modo davvero godibile, esibendo un livello artistico di qualità ma senza inficiare la fruibilità per i più piccini.
Mi rendo conto che non dev'essere facile trovare una sede adeguata, date le esigenze particolari di messa in scena. Tuttavia, visti i faraonici progetti portati avanti dalla nostra municipalità, non mi pare concepibile che possano mancare proprio i fondi utili a non far affondare questa attività.
La vicenda mi ricorda quella dell'Obraz, un circolo cinematografico che negli anni '80 diede anche a me la possibilità di gustarmi grandi pellicole sul grande schermo: dai Fratelli Marx a Ernst Lubitsch, da Griffith a Luis Buñuel, tanto per menzionarne alcuni. Quello spazio fu chiuso nonostante le promesse del Sindaco dell'epoca, Pillitteri detto il genero, che per colmo d'ironia si fregiava del titolo di cinefilo e insegnava Storia del cinema allo IULM.
Speriamo però che stavolta, con il Teatro delle marionette, prevalga la decenza e che ai cittadini milanesi non venga tolta la possibilità di apprezzare un lavoro che oltretutto è meritorio per la singolarità di un percorso culturale che aiuta a sfuggire all'omologazione invadente dei divertimentifici.
(da un giorno all'altro salto di palo in frasca, ma così è la vita...)
Qualcuno si è incuriosito riguardo alla Black Sound Machine: si tratta di una cover band di 11 elementi (voce, coriste, sezione fiati, chitarra, tastiera, basso, batteria) con la quale mi sto divertendo da circa due anni.
Tanto per darvi un'idea, ecco la scaletta dei brani che abbiamo eseguito dal vivo l'altra sera:
[prima parte]
Intro / Hold On I’m Coming / In the Midnight Hour / Hit the Road Jack / Tu vuo’ fa’ l’americano / Minnie the Moocher / Mustang Sally / Mr. Pitiful / Papa’s Got A Brand New Bag / Respect / Unchain My Heart / Proud Mary / Flip Flop and Fly / Think / I Feel Good / Shake Your Tailfeather / Green Onions [seconda parte]
Peter Gunn Theme / I Can’t Turn You Loose / Knock On Wood / I Wish / Chain of Fools / Nowhere to Run / Too Many Fish in the Sea / Get Up Off A That Thing / Land Of 1000 Dances / Lady Marmelade / Gimme Some Lovin’ / Sweet Home Chicago / Jail House Rock / Everybody Needs Somebody / La Pelle Nera
una distruttiva cascata di rapporti causali le cui connessioni formano una catena apparentemente indissolubile
indebolirne gli anelli
(mezzi di trasporto diversi) ---- (carburanti alternativi) ---- (decondizionamento elettorale)
(affermazione del diritto internazionale su quello delle multinazionali)
forse aiuterebbe ad annientarla
o almeno a limitarne i catastrofici effetti
quando però non si riesce a intervenire prima, possiamo o forse dobbiamo far sentire la nostra dissonanza
Oggi al Castello di Masino (TO) c'erano vari intrattenimenti per i piccini: giochi, laboratori, spettacoli di giocoleria... l'unico rumore che copriva il vociare dei bimbi era quello dei motori delle miniautomobili da corsa, i modelli radiocomandati che giravano su una pista creata sul prato del parco.
Vroooom...
Oggi al Gran Premio di Monza le Ferrari sono arrivate prima e seconda... chissà se i miei nonni e prozii partigiani pensavano a questo cantando "bandiera rossa trionferà".
Vroooom...
Oggi su un tratto autostradale di circa 100 km ho incontrato cinque (5) incidenti.
Vroooom...
Mi viene da dire che l'Italia è una Repubblica fondata sul motore, Agnelli è il suo profeta e Quattroruote il suo vangelo.
Vroooom...
Mi viene voglia di suggerire la diffusione a tappeto di un testo, un saggio davvero saggio:
Di solito evito di leggere due opere dello stesso autore una di seguito all'altra. Per evitare di fissarmi eccessivamente, ma anche per assaporare meglio, grazie ai contrasti, le scritture, gli stili, i toni, le ambientazioni, i generi.
Stavolta invece, in un accesso di autoindulgenza, a distanza di due soli anni dal primo casuale incontro mi sono concesso la rilettura di un'intera serie: le inchieste dell'Alligatore di Massimo Carlotto.
...come dicevano al circo dopo la rovinosa caduta di un trapezista:
lo spettacolo deve continuare!
È bene che sia così.
Rammento però che da bambino un po' ottusamente mi scandalizzai vedendo che I ragazzi della via Pal nella scena finale del film ricominciavano a giocare subito dopo avere dato l'estremo saluto al loro compagno morto di polmonite (il ricordo è un po' confuso, chiedo scusa per eventuali imprecisioni).
Oggi invece prendo il detto come giusta esortazione a non smettere di vivere, mai.
E lo prendo anche alla lettera, visto che domani sera sarò sul palco di un locale dell'hinterland milanese, a cantare e ballare con la Black Sound Machine (per informazioni, scrivetemi).
[11 settembre 2001] Una giornata tragica per molte persone che stavano vivendo normalmente nel loro paese, gli Stati Uniti. Un pensiero va a tutte quelle vite spezzate e ai loro cari.
[11 settembre 1973] Una giornata tragica per molte persone che volevano solo vivere normalmente nel loro paese, il Cile. E invece il golpe inaugurò un periodo nero di violenze e sopraffazioni, con decine di migliaia di persone sequestrate, torturate, assassinate, cancellate. Un pensiero va a tutte quelle vite calpestate e violentate, ai loro cari e a chi non ne fa svanire il ricordo.
Cercando tutt'altro, mi sono imbattuto nelle poesie di Stefania Del Bene, che non conoscevo affatto. Tra i versi che scrive, questi mi hanno colpito e dunque li ripropongo:
Immemore
Se correre nuda a perdifiato nel bosco Così improvvisamente selvaggia e primitiva Graffiata dai rami protesi Sferzata dal fogliame intricato Potesse spezzare il fluire del tempo Disperdendo nella folle corsa Ogni vincolo, ogni singola percezione Di un principio e di una fine E polverizzare la memoria Come un pensiero inghiottito Dalla sabbia del deserto, Allora si, che ormai immemore potrei fermarmi Catturando nell’aria che respiro La vera essenza dell’essere Non più prigioniera del tempo Non più schiava del divenire Mai più dominata dalla morte.
A un famoso poeta giapponese fu domandato come si componga una poesia cinese.
"La consueta poesia cinese è di quattro versi" spiegò lui. "Nel primo verso c'è la premessa; nel secondo c'è la continuazione di quella premessa; il terzo verso si allontana dall'argomento e ne comincia uno nuovo; e il quarto verso collega i primi tre. Un canto popolare giapponese esemplifica quanto ho detto:
A Kyoto vivono le due figlie di un mercante di seta.
La più grande ha vent'anni, la più giovane diciotto.
Un soldato può anche uccidere con la sua spada,
Ma queste ragazze uccidono gli uomini coi loro occhi.
(da 101 STORIE ZEN, a cura di Nyogen Senzaki e Paul Reps, traduzione in italiano di Adriana Motti)
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All'epoca del primo punk italiano, i Kaos Rock furono tra i gruppi che si fecero notare anche al 'grande pubblico'.
Li ricordo all'Arena di Milano nel '79, in occasione del concerto per Demetrio Stratos (appena morto di leucemia fulminante). A dire il vero non furono trattati molto bene: suonarono in apertura e si può dire che li usarono come cavie per regolare i volumi a beneficio degli artisti che si susseguirono in quella lunga e bella serata (non è da tutti i giorni vedere alternarsi sullo stesso palco, tra gli altri, P.F.M., Banco, Area, oltre alla nutrita schiera dei cantautori italiani che allora andavano per la maggiore).
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Come quasi tutti i brani punk, anche i loro si distinguevano per l'immediatezza dei testi, che avevano il pregio di essere scritti in italiano (trasgredendo all'antico monito da troppi accolto della Pelle nera di Nino Ferrer, che recitava "l'italiano non funziona con questa musica qui").
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Quando ci accorgiamo che i sentimenti di qualcuno cui teniamo molto cambiano nei nostri confronti, non è sempre facile trovare le parole utili a farcene una ragione.
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Direi che i Kaos Rock riuscirono a esprimere con efficacia questo disagio in un loro pezzo dal ritmo forsennato e incalzante:
Tu non m'ami più
Tu non m'ami più tu non m'ami più tu non m'ami più
Non so perché
Tu non m'ami più tu non m'ami più tu non m'ami più
Non so perchéééé
Non so perchéééé
Tu non m'ami più tu non m'ami più tu non m'ami più
Non so perché
Tu non m'ami più tu non m'ami più tu non m'ami più
Non so perchéééé
Non so perchéééé
Non so perchéééé
Non so perchéééé
Non so perché
"Ma come, non sapete niente? C'è stato l'otto settembre!"
"Va be', ogni anno c'è l'8 settembre... anche il 9, il 10..." (da Mediterraneo, di Gabriele Salvatores)
Ogni anno ha il suo otto settembre, però per ciascuno di noi le date rappresentano qualcosa di particolare, associate a eventi storici o più spesso a vicende private.
Sono come pietre miliari nella distesa a fisarmonica della nostra memoria. Dico "a fisarmonica" perché il tempo nei ricordi è flessibile e un istante passato, anziché trapassare, può rimanere vivo anche nel presente e superare in intensità quelli trascorsi appena due giorni prima.
Lo so bene, lo sento, sono fin troppo proclive a guardare indietro ascoltandomi dentro. E purtroppo a poco vale richiamare la saggezza altrui:
Il ricordo della felicità non è più felicità, il ricordo del dolore è ancora dolore. (proverbio cinese)
L'ho sentito con le mie orecchie, l'ho visto con i miei occhi: un ministro attualmente in carica, Tremonti, ha affermato che "i soldi e i risparmi degli Italiani sono cose sacre".
Sentir definire sacro il denaro, che per una mente sana dovrebbe essere uno strumento e non un fine ultimo, mi fa vomitare quasi quanto guardare chi l'ha detto.
Però, a pensarci bene, qualcosa di sacro in mezzo a quella faccia l'ho visto: un osso.
Un rapido confronto tra calendari non fa che confermare la convenzionalità di una categoria che ci ostiniamo a suddividere in modo disorganico credendo così di riuscire ad assumerne il controllo: il tempo.
Al di là delle differenze di conteggio ufficiali, tutti noi una volta o l'altra avremo sperimentato la velocità variabile dello scorrere delle ore, con il tempo che non passa mai o che passa troppo in fretta... Lo aveva notato anche l'obnubilato protagonista di Qualcuno volò sopra il nido del cuculo (nel libro la storia è narrata dal punto di vista del gigante pellerossa, imbottito di psicofarmaci dalla malevola capoinfermiera).
Stasera ho accompagnato per vie traverse un amico a procurarsi una "pillola del giorno dopo" per la sua nuova ragazza. A cosa è imputabile il loro spiacevole "inconveniente"? Alla mancanza di verbalizzazione, al dare per scontato che. Quando si dice l'importanza delle parole!
Anche questo episodio mi fa venire in mente una vignetta di Altan, che ho inutilmente cercato in rete:
Due signore interloquiscono: "Come va con la pillola del giorno dopo?" "Giorno dopo cosa?"
"...si è chiuso il summit di Johannesburg. In serata firmato il piano d'azione: 148 paragrafi pieni di buoni propositi, ma nessun vincolo, nessun impegno preciso...",
come non concordare con questa battuta di Altan?
Sono ottimista: un giorno la Terra servirà a concimare un pianeta lontano.
Quando mi chiedono: "Che musica ascolti?", spesso mi trovo in difficoltà nel fornire una risposta breve ma abbastanza veritiera. Non posso né voglio rispondere: "Di tutto", perché per fortuna non è vero, né potrebbe esserlo (quelli che rispondono così, di solito accendono la radio e lasciano in sottofondo qualche superclassifica che verrà dimenticata la settimana successiva).
Nei giorni scorsi, dovendo passare alcune ore in macchina, mi sono registrato una cassetta mista (una compilation, come si direbbe in italiano). Benché, ovviamente, sia lungi dal comprendere tutte le mie preferenze, può contribuire a dare un'idea dei gusti variegati ai quali ubbidisco:
1. Charles Trenet, Boum!, 1938 (Trenet - Breton) 2. Daniele Sepe, Peixinhos do mar, 1995 (tradizionale brasiliano) 3. Antonella Ruggiero & Subsonica, Per un'ora d'amore, 1998 (A.Stellita - C. Marrale - P.Cassano) 4. Vera Bila, Miro Rom Hin Temoro, 1995 (S. Miko)) 5. Dusty Springfield, Son of a Preacher Man, 1969 (J.Hurley, R.Wilkins) 6. Chico César, Mama África, 1994 7. Juan Luis Guerra, Carta de amor, 1990 8. Maurice Chevalier, Ah! Si vous connaissiez ma poule, 1938 (Borel - Clerc - Toche - Willemetz) 9. Giuliano Palma & the Bluebeaters, How many times, 2001 (A.Monty, ????)
P.S.: per la maggior parte, questi titoli rientrano nelle preferenze assolute dei miei cuccioli Francesca e Lorenzo (rispettivamente di anni 6 e 2) e in effetti hanno contribuito non poco a tenerli tranquilli durante il tragitto automobilistico.